Lo stemma del conte Cibrario ad Usseglio
(VILLA CIBRARO, 14 agosto 2020, spettacolo teatrale)
Qui si racconta di un abile falegname intagliatore, Minot, che ricevette dal Conte Luigi Cibrario l’incarico di rappresentare le capre per lo stemma di famiglia. La moglie Mariuccia gli ha già consigliato diversi allevatori cui rivolgersi per avere la disponibilità di una animale per qualche ora, il tempo di rappresentarlo.
MARIUCCIA Sempre più scoraggiato, il mi Minot andò da un altro capraio. Questi era l’unico che non aveva considerato. Era un vecchio che stava isolato su all’Andriera. Si chiamava Chamoulà. Di lui si sapeva poco. Parlava poco e raramente scendeva ad Ussei. Si racconta che provenisse dalla Savoia, che avesse attraversato il colle dell’Auteret e che forse era un fuggitivo, chissà, magari aveva ammazzato qualcuno dalle sue parti ed ora si era rifugiato nella nostra valle. Minot da lui non voleva andarci, ma alla fine non aveva scelta. E così salì all’Andriera.
MINOT Bussai alla sua porta ma nessuno venne ad aprirmi. Bussai ancora ma niente. Feci il giro della casa. Le capre erano nel recinto, ben tenute e con le mangiatoie colme. Tornai alla porta, bussai un po’ più forte e scoprii che la porta era aperta. Chiesi permesso ed entrai anche se non è consigliabile entrare in casa di un assassino… E mentre mi muovevo circospetto, facendo scricchiolare le assi del pavimento, nell’oscurità vedo una candela accesa e Chamoulà seduto su di una sedia intento a leggere un libro. Non parve minimamente stupito del mio ingresso furtivo. Si alzò, prese dalla credenza una bottiglia e due bicchieri, tornò al tavolo, mi fece un cenno e versò il vino per lui e per me. Tagliò una fetta di toma e del pane nero e me li offrì. Mangiammo e bevemmo, in silenzio. Provai a leggere il titolo del libro che aveva poggiato sul tavolo. Stentai a leggere per la poca luce e per la mia ignoranza. Ma riuscii a leggere il titolo Qu’est ce que la propriété? Pierre-Joseph Proudhon. Chamoulà s’accorse della mia curiosità. Prese il libro e lo guardò attentamente e poi mi parlò.
CHAMOULÀ “Sai leggere. Il titolo significa Che cos’è la proprietà. Lo ha scritto un mio amico, vive lontano e non possiamo scriverci. Allora, per ricordarlo, leggo ciò che ha scritto”.
MINOT Gli occhi scomparvero in due sottili fessure avvolte dalla folta barba grigia e sorrise.
CHAMOULÀ “Allora, hai bisogno di me?”
MINOT Io rimasi spiazzato dalla sua domanda. Gli raccontai la storia e lui ascoltò attentamente, poi quando finii, riempì di nuovo i bicchieri e parlò.
CHAMOULÀ “Dunque ti serve una mia capra. Ma io non posso aiutarti. Per due motivi. Le capre non sono mie, ma tue, nostre. Quindi non spetta a me decidere se dartele o meno”. Si accorse che stentavo a capire e continuò: “Se io non possiedo nulla, non ho diritto di darti qualche cosa che non m’appartiene. Ma allo stesso tempo se quella cosa appartiene a tutti, tu puoi prenderla quando lo ritieni necessario”.
MINOT Capii meno di prima.
CHAMOULÀ “ E poi, non mi va tanto che queste capre, che conosco bene, finiscano per diventare un simbolo di qualche cosa che conosco altrettanto bene e che… disconosco”.
MINOT Parlava una lingua incomprensibile, non ci capivo niente. Vedendo il mio sguardo sperso scoppiò a ridere in una risata fragorosa.
CHAMOULÀ “Non temere” mi disse “Non ce l’ho con te, ma credo che per i miei principi, per rispetto dei miei principi e per coerenza, io non posso aiutarti”.
MINOT Mi ero perso nel cercare di capire che cosa mi stesse dicendo. Fatto sta che non me l’ero presa per il suo diniego, era come se avessi capito dal suo tono e dai suoi gesti e non dalle parole. Bevvi il suo vino, mangiai la toma e il pane che aveva condiviso con me anche se non sapeva minimamente chi fossi e neanche me lo chiese. Mi alzai, gli strinsi la mano e me ne andai lasciando la porta come l’avevo trovata. Aperta.
Suggerimenti di approfondimento
Le porte della Città nell’Arte del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti
Sotto l’allegoria del Buon Governo è riportata la seguente cartella: “Questa santa virtù, là dove regge, induce ad unità li animi molti, e questi, a cciò ricolti, un ben comun per lor signor si fanno …”