Carne coltivata. Barbara Nappini, Slow Food Italia: «Non ridurre a battaglia ideologica un tema complesso, che ha a che fare con il sistema alimentare, il suolo, il paesaggio, la cultura del cibo e la sovranità alimentare»

 

Il cibo non è un carburante per far funzionare l’organismo, somma algebrica di proteine, grassi e carboidrati. Il cibo è prima di tutto espressione culturale, linguaggio. È parte integrante dell’identità dei popoli, frutto di saperi, tradizioni, innovazioni, scambi di conoscenza. Secondo Slow Food, il problema di un’eccessiva produzione di carne non si risolve passando dagli allevamenti intensivi ai laboratori, ma si affronta analizzando e modificando il modello che ha originato questa distorsione.

Quello su cui Slow Food lavora da anni attraverso i propri progetti: un modello che si ricolleghi al suolo, al foraggio dei prati stabili e dei pascoli, che tenga in considerazione l’etologia degli animali e la rispetti. Su regimi alimentari più equilibrati, che prevedano una riduzione del consumo di carne e un incremento dell’apporto proteico vegetale, tramite i preziosi legumi, che arricchiscono il suolo e richiedono poca acqua. Su un sistema alimentare che produca un’economia diffusa, salute, benessere; che generi bellezza e non deturpi il paesaggio; che tuteli la biodiversità; che contrasti lo spopolamento delle aree interne (il 70% del territorio italiano) sostenendo le piccole aziende che presidiano le terre alte e le preservano dal dissesto idrogeologico (aziende che continuano a chiudere a favore di stabilimenti di pianura sempre più grandi).

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Fonte: www.slowfood.it